Arconte eponimo

L'arconte eponimo (in greco antico: ἐπώνυμος ἄρχων?, epónymos árchon; ἐπώνυμος è composto da ἐπί, "sopra", e ὄνομα, "nome", quindi si può tradurre come "che dà il nome") era uno dei nove arconti eletti annualmente nell'antica Atene.

Arconte (ἄρχων, pl. ἄρχοντες, arcontes) significa "governante" o "signore", è usato frequentemente come titolo di una specifica carica pubblica[1], mentre "eponimo" significa che dava il suo nome all'anno in cui occupava la carica, in modo simile alla datazione dei Romani per anni consolari.

Nell'Antica Atene, un sistema di nove arconti contemporanei si evolse, conducendo a tre diverse giurisdizioni sugli affari civici, militari e religiosi dello stato: i tre incaricati erano noti, rispettivamente, come arconte eponimo, arconte polemarco (in greco antico: πολέμαρχος?, "comandante") e arconte re (in greco antico: ἄρχων βασιλεύς?, "arconte re")[2][3]. Gli altri sei erano i tesmoteti (in greco antico: θεσμοτέται?), ufficiali giudiziari.

In origine queste cariche erano occupate dalla classe ricca con elezioni ogni dieci anni. Durante questo periodo l'arconte eponimo era il magistrato in capo, il polemarco era il comandante delle forze armate e l'arconte re era responsabile di alcune disposizioni religiose cittadine e della supervisione di alcuni importanti processi nelle corti di giustizia. Dopo il 683 a.C. le cariche furono mantenute per un solo anno, che prese il nome dall'arconte eponimo.

  1. ^ All'inizio il governatore di una città era solo un sacerdote. "L'incarico dei pubblici sacrifici della città è assegnato secondo le usanze religiose, non a sacerdoti speciali, ma a quegli uomini che derivano la loro dignità dalla terra e che sono chiamati re, altrove Pritanei e anche arconti." (Aristotele, Politica, VIII.5)
  2. ^ Michael Rostovzteff, Greece, Oxford University Press, 1963.
  3. ^ Gustave Ducoudray, History of ancient civilization: a handbook, 1889, p. 129.
    «Gli arconti ateniesi, quando entravano in carica, salivano all'acropoli indossando corone di mirto e offrivano un sacrificio al titolare, divinità della città. Era anche costume per loro indossare corone di foglie quando esercitavano le proprie funzioni. È inoltre certo che tale corona, che divenne e rimane ancora oggi l'emblema del potere, fosse solo un simbolo religioso, un segno esteriore, che accompagnava preghiera e sacrificio. Tra i nove arconti, il secondo arconte, quello chiamato il Re, era il rappresentante delle alte funzioni sacerdotali degli antichi re, ma ognuno dei suoi colleghi aveva alcuni compiti religiosi da svolgere, alcuni sacrifici da offrire agli dei»

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